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Lager 22 Baracca 12

ISBN 978-88-7351-742-9 / Pagine 160 / Anno 2014

“L’otto settembre 1943 io e Pippo lasciammo il 115° Deposito della Regia Aeronautica Militare di Roveré della Luna (Trento) per una gita in montagna. Fuori dal cancello ci aspettavano le sorelle Ada e Beatrice, romane sfollate a Piscine. Affrontiamo le pendici del monte Layta con baldanzosa giovinezza, ignari della catastrofe che la mattina dopo, si sarebbe abbattuta su di noi. Infatti la mattina dopo…”
Sfidiamo chiunque a non proseguire nella lettura dopo un incipit così coinvolgente. D’altra parte il momento storico che sta vivendo il nostro eroe è uno dei più drammatici e, nel contempo, emblematici della Storia d’Italia contemporanea: è, infatti, quel fatidico 8 Settembre quando l’Italia crede di potersi risvegliare, almeno sulla carta, dall’incubo del secondo conflitto mondiale. La firma dell’armistizio con gli Alleati e l’abbandono della guerra, però, restano ancora un miraggio per una gran parte dell’esercito italiano che non aveva fatto i conti con il nemico tedesco: inizieranno così due anni di arresti e deportazioni nei campi di concentramento, qui i militari italiani saranno costretti a scegliere fra la prigionia e l’arruolamento volontario nelle truppe dell’appena formata Repubblica di Salò.
Tito Rosato queste pagine buie della Storia italiana non le ha sentite raccontare ma le ha vissute sulla propria pelle: “Lager 22 Baracca 12” è il diario di un giovane italiano che, volente o nolente, si ritrova fra quanti vivranno l’armistizio come una condanna alla deportazione, un abbandono ufficiale da parte di Badoglio e del Re, degli ideali che fino a quel momento stavano inseguendo e difendendo.
La letteratura ci ha consegnato più testimonianze di questi tragici anni, è sufficiente pensare a Primo Levi, ma rare volte ci era stato concesso il racconto di un soldato italiano, di chi si è trovato dalla parte sbagliata della storia qualunque movimento abbia fatto. In queste 160 pagine Tito Rosato prova a dar forma e voce ai sentimenti, alla nostalgia di casa, all’assurda logica umana che ha nutrito con terribile malvagità la follia che animò Mussolini e Hitler. L’autore ci offre tutta la sua umanità e, al contempo, trova spazio, in questa immane tragedia, la narrazione dei piccoli momenti di solidarietà con i compagni di sventura, spiragli di luce nel tunnel della crudeltà umana.
Al di là delle coscienze individuali, Rosato scrive con estrema lucidità e semplicità del dolore e della quotidianità straordinaria a cui si sono stati obbligati gli internati nei campi di concentramento, ci regala la possibilità di squarciare quel velo che è stato steso sulla storia ufficiosa di un Paese che ha avuto, forse, troppa fretta di dimenticare i propri errori. Sentiamo ancora Rosato: “Questo il motivo principale perché ho scritto queste pagine, perché i miei figli, i miei nipoti, imparino che, dopo le sofferenze, possono venire anche le gioie e che solo chi ha subito la prigionia –anche per poco tempo- chi ha sopportato tante pene, chi ha patito la fame, chi ha dovuto sottostare alle umiliazioni, sa apprezzare poi con molta gioia la libertà; sa assaporare con gusto quanto può permettersi, senza cercare le raffinatezze; sa vivere con molto entusiasmo le cose belle della vita; sa comportarsi con decoro e umiltà”.
Una grande lezione di vita, un gran dispiego di valori etici che giungono come il pane in questa nostra quotidianità intrisa di bieco individualismo e degrado civile e morale.


€ 12,00
Rosato Consolato (alias Tito), nasce a Reggio Calabria il 1 maggio 1920 al rione “E”, un complesso di baracche in cui vivevano ancora le famiglie colpite dal terremoto del 1908.
Trascorre una adolescente povera ma felice. I genitori, di modeste condizioni economiche ma ricchi di dignità e saggezza, gli consentono di studiare e conseguire il diploma all’Istituto tecnico industriale (1938).
Nel gennaio del 1941 viene arruolato nel corpo dell’aeronautica e inviato dapprima al Tar di Marsala, poi alla base COA di Poggio Renatico - Ferrara, infine al 115° Deposito di Salorno, ai confini della provincia di Trento.
Il 9 settembre 1943, rientrando da una breve licenza trascorsa in montagna in un romantico weekend, ignaro del proclama di armistizio di Badoglio dell’8 settembre, viene arrestato dall’esercito tedesco ed internato. La meta della deportazione è il campo di concentramento di Linz in Austria, un campo di lavoro forzato, vicino al famigerato Mauthausen-Gusen.
Nella sua posizione di internato rifiuta qualsiasi patteggiamento sia con i tedeschi sia con la nascente Repubblica di Salò.
Vive un lungo periodo di prigionia, 700 giorni di atrocità, lavori forzati sui carri ferroviari, sofferenze e tanta fame, sostenuto solo dall’amore per la patria, per la famiglia e per Matilde, sua promessa sposa. Raccoglie in un diario il racconto di quei terribili giorni. Il 25 luglio del 1945 viene liberato dalle truppe alleate e posto in congedo illimitato.
Il 15 gennaio 1980 il Ministero della Difesa gli conferirà la “croce di guerra-distintivo d’onore per i patrioti Volontari della Libertà”.
Nel 2010, all’età di 90 anni ha il piacere di far leggere il suo diario di prigionia, manoscritto in stile gotico, al prof. Domenico Minuto, che assieme alla prof. Rosalba Pristeri decise di farne motivo di incontro all’Accademia dei Vagabondi. Un successivo articolo di R. Pristeri, apparso su Calabria sconosciuta, ne ha messo in luce l’interesse ai fini della conoscenza di fatti storici su cui hanno pochi documenti e testimonianze dirette.
Il 27 gennaio 2012, Giornata della memoria, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, gli conferisce al Quirinale la medaglia commemorativa di internato, per aver subito le nefandezze naziste nel campo di concentramento di Linz.


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